Philippe Daverio

Philippe-Daverio-racconta-DAnnunzio-620x388E’ dal Romanticismo che la montagna influenza la pittura, il pensiero e la poesia. Primo pittore di vette, di natura e di sogno fu Kaspar David Friedrich. La Lombardia idealista dell’Ottocento trovò in questo tema non solo una citazione ma un percorso di scoperta delle sue radici antiche, il prealpino alternato al padano. Segantini aprì la strada verso i ghiacciai per dividere la luce dei suoi quadri e i colori della sua materia. Scoprì negli altipiani la filosofia delle Indie; dipinse l’anima delle madri colpevoli abbandonate dal vento nei rami secchi degli alberi invernali, poi raccontò la calma placante dei pascoli e delle baite. Viamala non fu solo letteraria. Ed ora scendono i pittori da quella montagna. Sanno per sapere arcano l’espressività, conoscono la grinta del segno e la spessa pazienza dei colori. Sono alpini e tenaci, e domesticamente ironici fino al grottesco. Il primo che appare fu Willy Guggenheim detto Varlin…



Questo scriveva Philippe Daverio sulla sua pagina Facebook un anno fa, in occasione della mostra “Luce del Sud”
Vi suggerisco la mostra di un uomo e di un artista libero sul serio. La prima caratteristica dei lavori pittorici di Franco Rota Candiani è l’assoluta libertà del gesto e del comportamento. Non è poco visto quel che capita nelle nostre vite quotidiane. Così, liberamente, dalle ore 18,00 di mercoledì 21 0ttobre, con anteprima per la stampa alle 10,30, fino a venerdì 30 ottobre, l’artista, metà valtellinese e metà piacentino, esporrà nel mio nuovo spazio-idea: l’Antico Refettorio di piazza Bertarelli 4, a Milano, già conosciuto come la Biblioteca del Daverio. La mostra si intitola Luce del sud, il catalogo con una prefazione che ho curato con gioia, è pubblicato da Skira editore, e comprende 30 opere olio su tela e tecniche miste. Che in modo del tutto originale e personale trasformano “attraverso il braccio” come dice lo stesso Rota Candiani “le sensazioni che ti compaiono nella mente. Facendole diventare pittura”. Un riferimento culturale e artistico agli anni d’oro dell’arte come vita di Jackson Pollock. L’ingresso alla mostra, da giovedì 22 ottobre, sarà attraverso la galleria Teseo Arte, in corso Italia 14. Luce del sud è anche il primo appuntamento del nuovo calendario dell’Antico Refettorio-La Biblioteca del Daverio, di piazza Bertarelli, 4 a Milano
Spero di vedervi numerosi



Dal catalogo della mostra Luce del SudLa prima caratteristica dei lavori pittorici di Franco Rota Candiani è l’assoluta libertà del gesto e del comportamento. E’ egli da questo particolare e bizzarro punto di vista uno degli ultimi artisti che reputano che la ricerca debba costantemente superare se stessa, al rischio di far apparire il percorso intrapreso talvolta inceppato da salti logici. Ma l’arte per definizione vanta il diritto alla illogicità. E si pone quest’arte sull’unica linea irrinunciabile, che è quella dell’autenticità del viaggio intrapreso. In questi ultimi vent’anni Rota Candiani ha iniziato un gioco creativo visivo dove la pittura era pulsione per descrivere il suo mondo montano e feroce. Il gesto ne era naturale conseguenza, così come la passione per la materia e il colore. Il gesto serviva a tramutare la sensazione del vissuto, del visto, e del percepito in una icona incisiva e plastica. La forza della natura si faceva forza gestuale. Come se fosse stato lui una sorta di guerriero giapponese d’altri tempi intento a riassumere con un segno solo la determinazione di una battaglia ideale.
Dal gesto nacque allora il segno, il suo segno, personale e intransigente. Ora l’esperimento va oltre: il gesto vive in sé, senza il bisogno della citazione che lo aveva generato.
La corsa verso la sublimazione della forma non è cosa del tutto nuova: è una caratteristica quasi fisiologica della cultura semiotica della modernità. E’ la strada seguita da Piet Mondrian passando dalla natura dei boschi alla natura del quadrato, è la strada seguita da Lucio Fontana nel passare dalla plastica barocca al concetto puro del taglio. E’ la strada che segue Rota Candiani nel passare dalla sua duplice natura raffigurativa, alpina e mediterranea, al segno che la compone, che è sempre un segno di colore.
Perchè se vi è una eredità del mondo nordico è innegabilmente quella del pensiero, ma se vi è una pulsione che proviene dal vasto mondo marittimo , questa non può che essere cromatica, come già ben fecero capire gli artisti che, agli albori della nostra modernità, optarono per il bagliore provenzale matissiano. Si poteva, si doveva andare oltre. Nel cuore della questione è sita l’isola di Pantelleria che guarda idealmente verso Sidi Bou Said, dove Paul Klee scoprì il fascino totale della luce e dei cromatismi corrispondenti.
E forse Rota Candiani lo sa, ma di sicuro lo percepisce, nel gesto cromatico e sublimato della sua più recente sperimentazione.